Descrizione dell’Esperienza
L’insegnamento della musica ai pazienti psichiatrici mi è sempre apparso come un’impresa chimerica, consapevole che la formazione musicale non costituisce gli strumenti teorici che sarebbero tanto utili per sostenere una situazione così particolare e delicata ma la proposta che il direttore della comunità mi aveva fatto ad aprile del 2001 mi convinse: quello che mi chiedeva era un intervento riabilitativo “che favorisse il gusto per la ripresa del moto del pensiero, il piacere della curiosità intellettuale”. E cioè “un vero e proprio corso” nel senso di “investimento intellettuale” più che di apprendimento, che potesse “offrire l’occasione di fare esperienza”.
Un progetto i cui destinatari, pazienti psichiatrici, fossero considerati soggetti di pari dignità delle persone comuni mi aveva sorpreso molto ed interessato subito. Dal punto di vista pedagogico e umano mi sentivo davanti ad una prova del fuoco: se nel quotidiano “normale” le strategie sbagliate possono sopravvivere dietro le buone maniere, qui non c’è spazio per errori. Con l’esperienza ho imparato che, in questo ambito, non ci sono mezzi termini: con questi allievi sia i successi che gli errori sono strepitosi.
Decisi di impostare il corso offerto agli ospiti senza differenze sostanziali rispetto ad un programma da svolgersi in un normale contesto di adulti amatoriali. Adeguati all’utenza sarebbero stati il modo di proporre gli argomenti, l’elasticità messa a disposizione per modificare un percorso tracciato precedentemente se le circostanze lo avessero richiesto e l’ascolto dato agli allievi nelle loro richieste di particolari modifiche.
L’esperienza ha mostrato, però, che non tutte le attività (soprattutto quelle relative alla concettualizzazione che presuppone collegamenti tra diverse esperienze pratiche) possono essere svolte con lo stesso successo in un ambito come questo. Sul tema è in corso una ricerca.
La particolarità più rilevante che si è manifestata nel rapporto con gli ospiti della comunità è stata la loro disponibilità a cantare le canzoni del loro repertorio, attività che ho proposto come alternativa all’intervallo di metà lezione. Ed è così che sono riusciti a cantare ognuno come solista coinvolgendo il gruppo nei ritornelli, accompagnati da me al pianoforte. Questo programma è stato presentato in diverse audizioni pubbliche alle quali sono stati invitati parenti ed amici.
E’ evidente che un lavoro del genere ha delle conseguenze importanti nel recupero di persone che sono di passaggio in comunità con l’obiettivo di un reinserimento nella società. Di fatto, si sono dimostrati capaci di risolvere problemi prettamente musicali e di affrontare il pubblico con un’adeguatezza degna dei professionisti.
Alla fine del primo anno di lavoro la comunità ha ospitato un ciclo di tre concerti, aperti al pubblico (due da camera ed uno di una jazz band). Anche in questa occasione si è potuto verificare quanto la musica sia unificante nel veicolare il rapporto tra soggetto e realtà.
Sia nel modo di porsi per l’ascolto sia nel modo di accogliere gli artisti, gli allievi si sono comportati da autentici padroni di casa ed i concerti sono stati veri successi.